Ludwig Wittgenstein #1
Ludwig Wittgenstein #1
In questa “proposizione”, la 5.6 del Tractatus Logico-Philosophicus, ("Die Grenzen meiner Sprache bedeuten die Grenzen meiner Welt.”, che si traduce con "I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo.") Wittgenstein non solo identifica il linguaggio come strumento principale attraverso il quale l'individuo conosce e interpreta il mondo, ma ne sottolinea anche i limiti intrinseci. Il linguaggio, per Wittgenstein, non è semplicemente un mezzo di comunicazione o una rappresentazione neutra della realtà, ma è piuttosto un filtro attraverso cui l'esperienza del mondo viene percepita e compresa. In questo senso, la comprensione del mondo è legata alle capacità e ai confini del linguaggio che utilizziamo, suggerendo che ciò che va oltre il linguaggio sfugge alla nostra piena comprensione.
D'altro canto, questa affermazione di Wittgenstein invita anche a una riflessione sul potere costitutivo del linguaggio. Se i limiti del linguaggio sono i limiti del nostro mondo, allora il linguaggio stesso assume un ruolo creativo nella formazione della realtà. Ciò implica che diversi sistemi linguistici potrebbero non solo descrivere il mondo in modi diversi, ma effettivamente costituire diverse 'realtà' per i loro parlanti. Questa idea anticipa e influisce su teorie linguistiche successive, come il relativismo linguistico, che sostiene che la struttura del linguaggio che parliamo influisce sul modo in cui pensiamo e vediamo il mondo.
Il potere costitutivo del linguaggio significa anche che viviamo in realtà che sono in larga misura modellate, definite e create dalle parole che usiamo. Le parole non sono semplici etichette apposte su oggetti o concetti preesistenti, ma piuttosto strumenti attraverso i quali diamo forma, colore e significato alle nostre esperienze. In questo senso, ogni sistema linguistico non è solo un insieme di regole e vocaboli, ma è un mondo a sé stante, con le sue uniche prospettive e interpretazioni della realtà. Pertanto, la nostra percezione del mondo è intimamente legata al linguaggio che parliamo, e in un certo senso, noi costruiamo e viviamo nelle realtà che le nostre parole ci consentono di creare. Questa visione sottolinea l'importanza del linguaggio nella costruzione del pensiero umano e nella formazione della nostra esperienza del mondo.
Infine, è importante considerare il contesto filosofico più ampio del Tractatus Logico-Philosophicus, l'opera da cui proviene questa aforisma. Nel Tractatus, Wittgenstein presenta una visione del linguaggio e del mondo fortemente influenzata dalla logica e dalla struttura formale. Secondo questa visione, il linguaggio è in grado di rappresentare la realtà solo in termini di fatti logici. Tutto ciò che non rientra nella logica del linguaggio - come l'etica, l'estetica, la metafisica - viene considerato inesprimibile e quindi esistenzialmente significativo ma irraggiungibile attraverso il linguaggio. Questo conduce alla famosa conclusione di Wittgenstein nel Tractatus: "Di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere", sottolineando ulteriormente i limiti del linguaggio nel catturare l'intera estensione della realtà umana.
Nota biografica
Ludwig Josef Johann Wittgenstein, nato il 26 aprile 1889 a Vienna e morto il 29 aprile 1951 a Cambridge, è stato un influente filosofo e logico austriaco, noto soprattutto per i suoi contributi in logica, filosofia del linguaggio, della mente e della matematica. La sua importanza nella storia del pensiero è riconosciuta particolarmente nel mondo accademico anglosassone, dove è considerato uno dei più grandi pensatori del XX secolo. Il suo lavoro più noto, il Tractatus Logico-Philosophicus, pubblicato durante la sua vita, è un testo fondamentale nella filosofia analitica. Quest'opera, che include la celebre massima "Di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere", è stata dedicata alla memoria del suo amico David Pinsent, con una prefazione curata dal filosofo e logico matematico Bertrand Russell. La sua seconda opera principale, "Ricerche filosofiche", così come una vasta raccolta di appunti, lezioni, diari e lettere, è stata pubblicata postuma, delineando una significativa evoluzione del suo pensiero rispetto al Tractatus.
Wittgenstein nacque in una famiglia austriaca benestante; suo padre, Karl Wittgenstein, era un magnate dell'industria siderurgica. La famiglia aveva radici ebraiche, ma i Wittgenstein si convertirono al protestantesimo. Cresciuto in un ambiente culturalmente ricco e appassionato di musica, Ludwig era il più giovane di otto fratelli. Dopo aver studiato ingegneria a Berlino e a Manchester, si rivolse alla filosofia e si trasferì a Cambridge nel 1911 per studiare con Bertrand Russell. Durante la Prima Guerra Mondiale, servì nell'esercito austro-ungarico e, al suo ritorno, si dedicò all'insegnamento e alla filosofia. Wittgenstein ha vissuto una vita di austerità e si è distinto per la sua personalità complessa e la sua ricerca incessante di verità filosofica. La sua influenza si estende oltre la filosofia a campi come la logica, la linguistica, la psicologia e altri settori delle scienze umane.
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In this "proposition," 5.6 of the Tractatus Logico-Philosophicus ("Die Grenzen meiner Sprache bedeuten die Grenzen meiner Welt," translated as "The limits of my language mean the limits of my world."), Wittgenstein not only identifies language as the primary tool through which an individual knows and interprets the world but also highlights its intrinsic limitations. For Wittgenstein, language is not merely a means of communication or a neutral representation of reality, but rather a filter through which the experience of the world is perceived and understood. In this sense, understanding of the world is tied to the capabilities and confines of the language we use, suggesting that what goes beyond language escapes our full comprehension.
On the other hand, Wittgenstein's statement also invites reflection on the constitutive power of language. If the limits of language are the limits of our world, then language itself assumes a creative role in shaping reality. This implies that different linguistic systems might not only describe the world in different ways but actually constitute different 'realities' for their speakers. This idea anticipates and influences subsequent linguistic theories, such as linguistic relativity, which argues that the structure of the language we speak affects the way we think and perceive the world.
The constitutive power of language also means that we live in realities that are largely shaped, defined, and created by the words we use. Words are not mere labels attached to pre-existing objects or concepts but rather tools through which we shape, color, and give meaning to our experiences. In this sense, each linguistic system is not just a set of rules and vocabulary but a world in itself, with its unique perspectives and interpretations of reality. Therefore, our perception of the world is intimately tied to the language we speak, and in a sense, we construct and live in the realities that our words allow us to create. This view emphasizes the importance of language in constructing human thought and shaping our experience of the world.
Finally, it is important to consider the broader philosophical context of the Tractatus Logico-Philosophicus, the work from which this aphorism comes. In the Tractatus, Wittgenstein presents a view of language and the world strongly influenced by logic and formal structure. According to this view, language is capable of representing reality only in terms of logical facts. Anything that does not fall within the logic of language - such as ethics, aesthetics, metaphysics - is considered ineffable and thus existentially significant but unreachable through language. This leads to Wittgenstein's famous conclusion in the Tractatus: "Whereof one cannot speak, thereof one must be silent," further emphasizing the limits of language in capturing the full extent of human reality.
Biographical Note
Ludwig Josef Johann Wittgenstein, born on April 26, 1889, in Vienna and died on April 29, 1951, in Cambridge, was an influential Austrian philosopher and logician, best known for his contributions to logic, philosophy of language, mind, and mathematics. His importance in the history of thought is particularly recognized in the Anglo-Saxon academic world, where he is considered one of the greatest thinkers of the 20th century. His most famous work, the Tractatus Logico-Philosophicus, published during his lifetime, is a foundational text in analytical philosophy. This work, which includes the famous maxim "Whereof one cannot speak, thereof one must be silent," was dedicated to the memory of his friend David Pinsent, with a preface by the philosopher and logician mathematician Bertrand Russell. His second major work, "Philosophical Investigations," as well as a vast collection of notes, lectures, diaries, and letters, was published posthumously, outlining a significant evolution of his thought compared to the Tractatus.
Wittgenstein was born into a wealthy Austrian family; his father, Karl Wittgenstein, was an industrial tycoon in the steel industry. The family had Jewish roots, but the Wittgensteins converted to Protestantism. Raised in a culturally rich environment and passionate about music, Ludwig was the youngest of eight siblings. After studying engineering in Berlin and Manchester, he turned to philosophy and moved to Cambridge in 1911 to study with Bertrand Russell. During World War I, he served in the Austro-Hungarian army and, upon returning, dedicated himself to teaching and philosophy. Wittgenstein lived a life of austerity and was known for his complex personality and relentless search for philosophical truth. His influence extends beyond philosophy to fields such as logic, linguistics, psychology, and other areas of the humanities.
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