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"Ich bin kein Mensch, ich bin Dynamit"

"Ich bin kein Mensch, ich bin Dynamit"

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La celebre affermazione "Ich bin kein Mensch, ich bin Dynamit" appare in "Ecce Homo", l'ultima opera di Nietzsche scritta nel 1888, poco prima del suo collasso mentale a Torino. Questa frase cristallizza magnificamente la consapevolezza che Nietzsche aveva del proprio ruolo storico-filosofico come detonatore di una crisi epocale del pensiero occidentale. Non si tratta di una mera iperbole retorica o di un'espressione di megalomania (sebbene "Ecce Homo" sia pervaso da toni apparentemente megalomani), ma di una lucida comprensione della potenza dirompente del proprio pensiero. La dinamite qui evocata è la forza esplosiva necessaria per far crollare l'intero edificio della metafisica occidentale, con i suoi valori cristiani, la sua morale del risentimento, e la sua concezione platonica della verità. Nietzsche si percepisce come una forza elementare di distruzione creativa, necessaria per spazzare via duemila anni di "menzogne" filosofiche e preparare il terreno per una nuova aurora del pensiero.

Questa auto-identificazione con la dinamite va letta in stretta connessione con altri passaggi chiave del pensiero nietzschiano, in particolare con la figura del filosofo come "medico della civiltà" elaborata in opere precedenti. La malattia che Nietzsche diagnostica alla cultura occidentale richiede una cura radicale, un'esplosione che frantumi le vecchie tavole dei valori. Il rifiuto dell'identità umana ("kein Mensch") non è quindi un delirio di onnipotenza ma l'espressione della necessità di superare l'umano stesso, troppo umano, in direzione dell'Übermensch. Il dinamite diventa così metafora della trasvalutazione di tutti i valori, del grande meriggio in cui le ombre più corte preannunciano una nuova epoca del pensiero. È significativo che questa identificazione con una forza esplosiva giunga proprio nell'ultima opera prima del silenzio, quasi a suggellare la consapevolezza che il pensiero nietzschiano avrebbe effettivamente "fatto saltare in aria" gran parte della filosofia del XX secolo.
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The famous statement "Ich bin kein Mensch, ich bin Dynamit" appears in "Ecce Homo," Nietzsche's final work written in 1888, shortly before his mental collapse in Turin. This phrase magnificently crystallizes Nietzsche's awareness of his own historical-philosophical role as a detonator of an epochal crisis in Western thought. This is not mere rhetorical hyperbole or an expression of megalomania (although "Ecce Homo" is pervaded by apparently megalomaniacal tones), but rather a lucid understanding of the explosive power of his own thinking. The dynamite evoked here is the explosive force necessary to demolish the entire edifice of Western metaphysics, with its Christian values, its morality of resentment, and its Platonic conception of truth. Nietzsche perceives himself as an elemental force of creative destruction, necessary to sweep away two thousand years of philosophical "lies" and prepare the ground for a new dawn of thought.

This self-identification with dynamite should be read in close connection with other key passages of Nietzschean thought, particularly with the figure of the philosopher as a "physician of civilization" developed in earlier works. The illness that Nietzsche diagnoses in Western culture requires a radical cure, an explosion that shatters the old tablets of values. The rejection of human identity ("kein Mensch") is therefore not a delusion of omnipotence but the expression of the necessity to overcome the human itself, all too human, in the direction of the Übermensch. Dynamite thus becomes a metaphor for the revaluation of all values, for the great noon in which the shortest shadows herald a new epoch of thought. It is significant that this identification with an explosive force comes precisely in the last work before silence, almost sealing the awareness that Nietzschean thought would effectively "blow up" much of twentieth-century philosophy.
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